Negli ultimi anni la crescita della domanda di vino e bevande analcoliche è sotto gli occhi di tutti, ma se è difficile poter parlare di vino no-alcol, è invece possibile parlare di vino “low alcol”. I trend analizzati dalle indagini di mercato realizzate in Europa e nel resto del mondo prevedono crescite a due cifre per il vino, gli spirits e i vini aromatizzati senza o con bassi contenuti in alcol, mentre per la birra che domina in questo segmento per volumi e fatturati, si tratta di un mercato ormai maturo.
In questo contesto la determinazione della gradazione alcolica del vino è quanto mai un aspetto fondamentale che influenza non solo il sapore e l’esperienza complessiva della degustazione, ma anche… la vendita. Se la qualità rimane il motore fondamentale di ogni vino, per il consumatore finale quel numero sull’etichetta che riporta il grado alcolico sembra infatti condizionare sempre di più la scelta della bottiglia, ben prima dell’assaggio.
Un tendenza raccolta anche da Stefano Labate per MilleVigne durante il Barbera Wine Festival di Asti nella quale riporta l’esperienza di Othmar Kiem,Direttore Falstaff Italia, che racconta come spesso ai banchi d’assaggio la prima domanda riguardi il contenuto di alcol, ma anche di Aldo Fiordelli, influente giornalista del vino e senior editor per James Suckling, che confessa come la quantità di alcol troppo alta riduca la piacevolezza del vino e di Jeff Porter, uno dei sommelier più influenti per il vino italiano negli Stati Uniti e referente di Wine Enthusiast secondo il quale “i livelli dell’alcol devono scendere. I consumatori oggi non vogliono vini da 14 o 16 gradi”.
L’alcol da solo non fa la qualità: esattamente come avviene per quelli con gradazioni eccessivamente basse, i vini con contenuti alcolici troppo elevati risultano squilibrati, poco accettabili e scarsamente rispondenti alle cornici dettate delle denominazioni.
In Vinchio Vaglio abbiamo accettato la sfida (e la richiesta dei consumatori) di cercare ancora di più quel necessario bilanciamento tra qualità e gradazione alcolica.
I vini della vendemmia 2024 hanno un contenuto alcolico più basso (mediamente mezzo grado in meno rispetto agli anni precedenti) per cui avremo vini più beverini e con un contenuto calorico nettamente inferiore.




Cosa determina il grado alcolico di un vino?
Se la fermentazione è il processo chiave per la creazione dell’alcol, le tecniche per calcolare il contenuto alcolico di un vino sono tutt’altro che semplici. In estrema sintesi possiamo affermare che la gradazione alcolica di un vino rappresenta la quantità di alcol, etanolo, presente in un dato volume di vino.
La gradazione alcolica del vino è però influenzata da un’infinità di fattori di vario tipo che vanno dal tipo di uva al grado di maturazione di questa, dalla composizione del terreno al clima (e in questo i cambiamenti climatici non aiutano), fino alle pratiche di vinificazione.
Indicativamente (essendo la percezione dell’alcol influenzata da molti fattori, in primis la temperatura di degustazione) la scala di valutazione dell’alcolicità del vino è:
- <10% alc.vol. = leggero (percettibile)
- 11-12% alc.vol. = abbastanza caldo
- 13-14% alc.vol. = caldo
- 14-16% alc.vol. = calore alcolico marcato
- >16% alc.vol. = decisamente alcolico

Dealcolazione e “vini” no-alcol
L’introduzione e l’autorizzazione tra le pratiche enologiche delle tecniche di dealcolazione dei vini ha lo scopo di dare ai produttori uno strumento per gestire in modo controllato il grado alcolico.
La dealcolazione, eseguita con le tecniche e nei modi e limiti consentiti di una riduzione massima del 20% del contenuto alcolico di partenza, descritti dall’OIV per i vini generici, è stata introdotta a livello europeo nel 2009 (con il Reg 606/2009 e poi confermata con il Reg 1308/2013), ma sono molte però le problematiche intrinseche a questo processo:
- l’alcol gioca un ruolo importante per il gusto di un vino e creare in bocca quella piacevole sensazione. Si parla di alterazione del profilo sensoriale, di perdita degli aromi volatili, ma anche di stabilità microbiologica.
- i costi che una cantina deve sostenere per la dealcolazione.
È vero quindi che secondo la legislazione dell’UE – un vino può contenere anche 0,5% di volume alcolico per essere definito tale (se il grado alcolico è dello 0% si parla di bevande analcoliche prodotte con mosto d’uva), ma la disputa è lunga dall’essere risolta dato che il Testo Unico del Vino del 2016 sancisce che perché una bevanda possa essere chiamata vino debba avere almeno 8,5 gradi. Oltre a questo, è bene ricordare che i disciplinari impongono una gradazione alcolica minima per ogni denominazione (ad esempio la gradazione alcolica minima non deve essere inferiore ai 12 gradi; i vini Barbera d’Asti che hanno una gradazione non inferiore ai 12,5 gradi e che subiscono un invecchiamento di almeno un anno possono fregiarsi della definizione Superiore).

L’opinione di Matteo Laiolo, enologo della Cantina Cooperativa Vinchio Vaglio
La tematica del grado alcolico nel vino sarà sicuramente un argomento di discussione futura per tutti gli addetti del settore vitivinicolo. Soprattutto per noi tecnici, sia agronomi che enologi, perché ci toccherà in prima persona. In questo contesto dovremmo cercare di trovare una soluzione migliore possibile per ottenere vini con un contenuto alcolico accettabile ma allo stesso tempo con un livello “qualitativo” elevato.
Scrivere “qualitativo” tra le virgolette ha un significato perché ogni vino può rispondere a caratteristiche diverse in base alla collocazione sul mercato. Nel momento in cui si produce un vino bisogna avere chiara quale potrebbe essere la sua destinazione e di conseguenza lavorare in vigneto per produrre uva che potrebbe avere caratteristiche ideali per quel tipo di prodotto.
Sicuramente aumentando le rese si ha una lieve diminuzione del quantitativo zuccherino; abbiamo anche visto però che non è sempre così (ad esempio nel 2018 c’è stata molta produzione ma abbiamo avuto gradazioni alcoliche elevate, anche nel 2024 dove la resa superava i 90 quintali/ha ma abbiamo ottenuto lo stesso vini con oltre 15 gradi). Questo è dovuto a sbalzi termici importanti e periodi di caldo intenso (anche brevi).
Per cui è difficile trovare una soluzione, perché bisogna lavorare il vigneto pensando al benessere della pianta e soprattutto al suo corretto ecosistema. Ogni tipologia di terreno ed esposizione produce uva con un quadro aromatico differente e quantità zuccherina diversa, per cui selezionare bene i vigneti potrebbe essere un punto di partenza, al quale bisogna comunque prestare attenzione perché può variare di anno in anno.
Anticipare la raccolta a parere mio non è l’ideale perché non si ha dell’uva con determinate caratteristiche per ottenere vini di qualità. Vendemmiando precocemente la Barbera si ottengono infatti vini scarichi di colore e soprattutto mancanza di profumi. Ogni varietà ha le sue qualità e di conseguenza bisogna lavorare in maniera differente.
Con le nuove tecnologie di cantina si ha la possibilità di diminuire il grado alcolico, ma oggi i costi sono ancora molto alti e non si ha una risposta qualitativa elevata da queste nuove tecnologie.

Uno sguardo alla gradazione alcolica del vino nel mondo
Esemplificativo di quello che succede Oltralpe è il caso della recente imposta sugli alcolici del Regno Unito. Dal 1° febbraio 2025 infatti l’imposta sarà calcolata su una scala progressiva in base al contenuto alcolico di ciascun prodotto. In particolare, ogni aumento dello 0,1% del grado alcolico comporterà un corrispondente aumento dell’imposta. Di conseguenza, i vini con una minore gradazione alcolica saranno più convenienti in termini di costi dell’imposta.
Secondo i dati ufficiali:
- Attualmente, un vino con 13,5% ABV ha un dazio di 2,68 sterline per bottiglia da 75CL. Dopo la modifica, la stessa bottiglia avrà un dazio di 2,89 sterline per bottiglia da 75CL. Un aumento di 21 penny per bottiglia.
- Attualmente, un vino con 14,5% ABV ha un dazio di 2,68 sterline per bottiglia da 75CL. Dopo la modifica, la stessa bottiglia avrà un dazio di 3,10 sterline per bottiglia da 75CL. Un aumento di 42 penny per bottiglia.
La normativa segna la direzione di un’ulteriore problematica che vede coinvolte anche le disponibilità dei consumatori finali sui quali sarà sempre più importante a livello globale mantenere basso il grado alcolico dei vini (per quanto si possa fare).