Erano gli anni 60 e solo i grandi bevitori (per quantità e non per qualità) riuscivano a finire una bottiglia di Barbera. Da “vino del popolo” a “vino popolare, di successo, pop”, richiesto e ricercato dagli estimatori di tutto il mondo, da bicchiere da osteria ad espressione autentica del nostro territorio: la storia della Barbera passa attraverso una rivoluzione.
Vendite, premi e classifiche dimostrano il successo di questo straordinario vitigno piemontese, ma per scrollarsi di dosso gli ultimi pregiudizi è necessario fare un salto indietro e comprendere la storia di questa rivoluzione.
Un riscatto che parte da lontano, da una visione lungimirante che ha portato la nostra Cantina Cooperativa ad essere tra le prime a credere che dal vitigno di Barbera fosse possibile ricavare grandi vini.
Ne parliamo con il Presidente Lorenzo Giordano in questa intervista.
Torniamo agli anni 60-70: come si presentava una bottiglia di Barbera?
Squilibrata e con forte acidità, questa era la norma per una bottiglia di Barbera. Mancava la cultura del bere e non c’era la passione di oggi nella conduzione del vigneto né nella produzione del vino: la vendemmia si faceva ad ottobre, periodo all’epoca spesso piovoso e si raccoglievano tutte insieme uve con gradazioni zuccherine anche diverse (solitamente tra 16 e 18 gradi Babo).
Queste uve non selezionate fermentavano insieme per 30 giorni, a volte anche con i graspi e spesso si faticava ad ottenere la fermentazione malolattica. Di conseguenza il prodotto ottenuto era un vino mediocre, ricco di acidità, privo di equilibrio e di difficile beva.
Noi, come Cantina di Vinchio Vaglio, eravamo già tra quelli fortunati: l’esposizione delle nostre ripide colline, la natura del terreno sabbioso (terre bianche) e la produzione ridotta davano origine a uve che già allora conferivano al vino caratteristiche tale da indurre la fermentazione malolattica spontanea e la qualità del vino era mediamente alta.
Nel mese di marzo successivo alla vendemmia si ottenevano vini già pronti ed equilibrati e il mercato già allora ci riconosceva questa diversità.
Qual è stata la “scintilla” della rivoluzione?
Lo scandalo del metanolo a metà anni ottanta fu uno spartiacque: da quel momento ci fu maggiore consapevolezza da parte del produttore, ma anche del consumatore. Dire se sia cambiata la Barbera perché il consumatore è diventato più esigente o il produttore è diventato più bravo è come chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina!
Sicuramente il merito va a entrambi. Il consumatore ha capito che per avere un vino di qualità bisognava pagare il giusto prezzo e il produttore è diventato consapevole della potenzialità del territorio e di questo vitigno.
Alla rassegnazione è così subentrato un sentimento condiviso di grande passione nel condurre la vigna e nel fare il vino.
Quali sono stati gli attori della rivoluzione e quali sono state le novità che hanno portato ad ottenere una “nuova Barbera”?
Ci sono stati diversi pionieri e noi abbiamo avuto la fortuna di averne uno tra i più grandi: l’enologo Giuliano Noè che è da tutti considerato padre della “nuova Barbera”, quella Barbera che oggi viene esportata in tutto il mondo e non ha paura di competere con i più grandi vini rossi internazionali.
Il cambiamento si è effettuato dapprima in vigna mantenendo la tradizione con lavorazioni manuali, limitando la produzione ad ettaro e scegliendo i terreni più adatti e meglio esposti con l’obiettivo di ottenere la massima potenzialità del vitigno.
Negli ultimi anni una particolare attenzione è stata rivolta, con grande professionalità nella conduzione del vigneto, alla ricerca di adattamento al cambiamento climatico in modo da gestire questo problema con lungimiranza.
Anche in Cantina sono cambiate le cose, come spiega l’enologo Matteo Lajolo: “dalla pigiatura alla fermentazione si sono introdotte innovazione sia tecniche che tecnologiche come:
- la diraspa-pigiatura separazione del raspo e rottura soffice dell’acino per estrarre al meglio le sostanze polifenoliche in vinificazione
- la vinificazione in vinificatori orizzontali a temperatura controllata da 24 a massimo 26°C per migliore l’estrazione delle sostanze odorose, con rimontaggi controllati e gestione dell’apporto di ossigeno
- l’avvio immediato della fermentazione malolattica a 20°C di temperatura così rapida in modo tale da preservare i profumi primari e secondari della varietà
- i travasi frequenti con pompe a lobi e stoccaggio del vino a circa 15°C prima della messa in legno”.
Oggi vini così importanti vengono affinati in legno (botte grande, tonneaux o barrique) al fine di dare longevità e complessità, sempre però mantenendo la tipicità della Barbera.
Che ruolo ha avuto il Nizza?
Parlare di Barbera senza parlare del Nizza è come andare a Roma senza vedere il Colosseo! Il Nizza nasce nel 2000 dopo diversi anni di riflessioni. La zona comprende 18 comuni all’interno del territorio, molto più ampio, di produzione della Barbera d’Asti.
Nelle nostre zone il vitigno Barbera è quello principale ed è anche quello che dà risultati enologici importanti. Unitamente ad altri comuni che conferiscono l’uva nella nostra cantina (come Castelnuovo Belbo e Incisa Scapaccino), Vinchio Vaglio è al centro di questa zona di produzione.
Il disciplinare del Nizza DOCG prevede:
- Uve: vitigno Barbera al 100%;
- Rese produttive: massimo 70 quintali corrispondenti a massimo 49 ettolitri ad ettaro;
- Affinamento minimo richiesto e data di immissione al consumo;
- Nizza DOCG: un minimo di 18 mesi di invecchiamento di cui almeno 6 in legno;
- Nizza Riserva DOCG: un minimo di 30 mesi di invecchiamento di cui almeno 12 in legno.
Possiamo parlare di una nuova Barbera?
La prima conoscenza della Barbera risale al 1512, ma la sua storia è ben più vecchia: oggi la Barbera, è un vino capace di dare grandi emozioni al consumatore, senza dimenticare la sua vocazione al rapporto quotidiano che rappresenta un profondo tratto identitario.
Ma è anche un vino che ha portato i produttori a tutelare questo paesaggio che da quasi 10 anni è diventato patrimonio UNESCO grazie al lavoro del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, dell’Associazione Produttori del Nizza e di tutti quei produttori che quotidianamente promuovono la Barbera in tutto il mondo.
Un vino popolare quindi, capace di parlare alle persone e di raccontare lo stretto legame con un territorio unico, ma anche un vino sempre più popolare, di moda, entrato di diritto nell’élite enologica mondiale.
Sono un “bevitore moderato” e da 30 anni consumatore del vino Barbera di Vinchio/Vaglio. Ho sempre trovato nelle ‘Vigne vecchie’ e nei ‘3 vescovi’ l’aroma ed il sentore che si trova in vini più “blasonati”. La Laudana e la Leggenda fanno godere il mio palato ora come allora. Bravi.
Un convinto divulgatore della Barbera di Nizza e dei vini della Vostra Cantina è stato il compianto Tullio Mussa a cui devo la scoperta di Vigne Vecchie
Lo avevo incrociato per caso durante una fiera di San Carlo
Io stavo tornando sui miei passi dopo aver girato in lungo e in largo la fiera e passando davanti al portone di Palazzo Crova fui attirato dall’insegna della Signora in Rosso in quel momento stava arrivando il Sig. Mussa che mi disse che stava aprendo il locale e così parlando con questo distinto signore chiesi alcune informazioni
Lui fu prodigo di informazioni e mentre conversavamo si vedeva nel suo sguardo la passione che lo ispirava e la sicurezza che sarebbe stata una scommessa vincente
In vineria poi c’erano due persone speciali Maria e Mario che proponevano i piatti tipici del nostro territorio con il giusto abbinamento dal bollito misto alle costine al barbera tutto favoloso
Grazie Tullio
sei sempre nel mio ❤🍇🍷