L’affinamento in legno ha giocato un ruolo cruciale nella storia di questo vino, contribuendo alla trasformazione della Barbera da vino quotidiano a grande protagonista dell’enologia italiana.
Oggi l’utilizzo del legno è più consapevole e mirato, e permette di preservare meglio il frutto (senza snaturarlo) ed esaltare le tipicità del vitigno.
I primi esperimenti con il legno
L’affinamento in legno della Barbera è una pratica relativamente recente nella storia di questo vitigno, ma ha rappresentato una svolta fondamentale per la sua evoluzione qualitativa. Negli anni ’80, la raccolta dell’uva avveniva a ottobre, quando le giornate erano più fresche e corte. Tuttavia, la Barbera non raggiungeva mai una maturazione ottimale e il suo grado zuccherino non permetteva di ottenere vini con gradazioni naturali superiori al 13%.
Per ovviare a queste limitazioni, alcuni produttori iniziarono a sperimentare l’affinamento in legno per aggiungere struttura ai vini. Uno dei primi esempi fu il Bricco dell’Uccellone di Giacomo Bologna, la prima Barbera affinata in barrique, lanciata nel 1983.
Poco dopo, nel 1985, Vinchio Vaglio avviò il progetto “Vigne Vecchie”, selezionando vigneti con oltre 50 anni di età, caratterizzati da una migliore esposizione e una minore produzione per pianta. Queste uve, di maggiore struttura, si prestavano perfettamente all’affinamento in legno.

Il ruolo del clima e delle tecniche di coltivazione
Fino agli anni 2000, l’uso del legno era ancora poco diffuso e spesso sperimentale. Tuttavia, con il progressivo cambiamento climatico, la Barbera ha iniziato a beneficiare di una migliore maturazione e di una minore acidità. Pratiche colturali come il diradamento dei grappoli hanno contribuito ulteriormente ad aumentare il grado zuccherino delle uve.
Poiché la Barbera ha una bassa concentrazione di tannini, il passaggio in legno piccolo o grande ne aumenta la complessità senza appesantirne la struttura.
In quegli anni anche il mercato si è progressivamente orientato verso vini con una presenza marcata di legno, portando ad un utilizzo sempre più diffuso delle barrique, a volte in modo eccessivo. Avendo pochi tannini, il passaggio in legno grande o piccolo permetteva alla Barbera di acquisire maggiore complessità, anche se il vino non era ancora abbastanza strutturato e mal sopportava questo uso smisurato del legno.

Vinchio Vaglio: “la madre di tutte le Barbera“
Sui nuovi impianti, a partire dagli anni 2000, vennero introdotti portainnesti poco vigorosi e cloni selezionati (AT 83 e AT 84) con grappoli più piccoli e viti meno produttive: tutte pratiche che hanno portato ad ottenere vini con maggiore gradazione alcolica, ma soprattutto di grande qualità a vantaggio della concentrazione aromatica e della struttura.
Grazie alla qualità delle sue uve, Vinchio Vaglio divenne un punto di riferimento per l’acquisto di Barbera sfusa da parte dei migliori imbottigliatori. Questa reputazione fu riconosciuta anche da Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, che definì l’azienda “la madre di tutte le Barbera”. Anche Luigi Veronelli, primo giornalista a parlare di vino italiano di qualità, e Tullio Mussa, oste visionario di Nizza Monferrato, giocarono un ruolo cruciale nella promozione della Barbera come grande vino da affinamento.
Nel 2002 è nato il progetto “Nizza” che ha ottenuto la DOCG nel 2014, diventando la massima espressione qualitativa della Barbera. L’enologo di Vinchio Vaglio, Giuliano Noè, riconosciuto come “il padre della Barbera di qualità”, contribuì in modo determinante alla creazione del primo disciplinare del Nizza DOCG, ispirato al protocollo produttivo del Vigne Vecchie.




L’utilizzo del legno per la Barbera di oggi
Se inizialmente tra i produttori esisteva una grande eterogeneità in termini di terreni, zone di produzione e uso del legno, negli ultimi anni diventa sempre più evidente che non esiste una sola Barbera, ma infiniti modi di interpretare questo vitigno.
Se in passato spesso l’affinamento era eccessivo e finiva per sovrastare le caratteristiche del vitigno, negli ultimi anni, la tendenza è cambiata: si ricerca un equilibrio tra il frutto e il legno, calibrando le dimensioni delle botti e la loro età.
In Vinchio Vaglio utilizziamo botti grandi da 75 ettolitri e barrique, dosando attentamente il loro impatto anche in base all’età dei diversi legni per non snaturare il carattere della Barbera, ma utilizziamo anche vasche in acciaio e cemento, a seconda del vino che vogliamo ottenere.
Un leggero passaggio in legno è utile a migliorare la Barbera a livello di struttura, ma è fondamentale fare attenzione a non snaturarne il frutto.




L’opinione dell’enologo Giuseppe Rattazzo
La Barbera è un vitigno molto versatile e a Vinchio Vaglio se ne producono infatti tipologie assai diverse tra loro.
Ci sono vini dove non si usa affatto il legno come il Sorì dei Mori e il Vigne Vecchie 50 che fanno solo passaggi in vasche di acciaio e cemento, ma anche I Tre Vescovi che invece fa un periodo abbastanza lungo in botti grandi da 75 Hl. Sono vini che danno spazio alla struttura senza snaturare la presenza importante del frutto sia in bocca quanto al naso. Si tratta di tipologie che trovano accoglienza molto positiva sul mercato attuale perché meno impegnativi e di facile approccio.
In Vinchio Vaglio produciamo però anche vini come il Sei Vigne Insynthesis Nizza Riserva, oppure il Nizza Laudana o il Vigne Vecchie Barbera Superiore che fanno passaggi più o meno lunghi in legno di diverse dimensioni e hanno quindi grande struttura, migliorano col passare del tempo e, grazie all’affinamento anche in bottiglia, acquisiscono eleganza e longevità.
Enologo Giuseppe Rattazzo